HL00 CONCLUSIONI ANATOMIA DI UN'ACCOGLIENZAQuesta parte del portale Human Lines è la trasposizione digitale dell'omonima esposizione itinerante che nasce da quattro anni di osservazione dell'esperienza dei Corridoi Umanitari gestiti da Caritas Italianae si pone l'obiettivo di tradurre la complessità emersa, in sintetiche pillole di immagini e testi, come lampi di luce volti ad illuminare angoli, dettagli e zone d'ombra poco visibili ad un primo sguardo. Ognuno di questi capitoli (pannelli 100 x 200 nell'esposizione) intende stimolare pensiero e riflessione, partendo da una prospettiva esterna ed indipendente ed è accompagnato da un breve contenuto audio aggiuntivo, atto a dar voce ai protagonisti ed inquadrare meglio i concetti rappresentati. Vuole anche essere una restituzione a quei protagonisti e alle loro comunità,che ci hanno dato tempo, attenzione, spunti, passione, visioni. nota: I beneficiari menzionati compaiono con il solo nome di battesimo o con l'iniziale,in alcuni casi di fantasia, per motivi di protezione. CREDITS Ilaria Schnyder - researcher Notre Dame University (US) - project manager Benedetta Panchetti - research assistant Marida Augusto - photos, audio editing, narrating voice Max Hirzel-photos - photos, texts and scripts Corrado Phil Fileppo- corporate, visual and digital design HL01 CONCLUSIONI INTRODUZIONE PARTE IVa premesso che parlando di Corridoi Umanitari è bene tenere presente due livelli. Il primo è simbolico e politico, dal momento che il progetto si iscrive nel più ampio contesto delle politiche migratorie attuate dalla UE. In questo senso, la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha inteso – crediamo – tracciare una strada, mandare un messaggio chiaro e dimostrare che è possibile pensare e gestire la migrazione in modo alternativo al sistema vigente. Oltre, certo, a garantire una via legale e sicura di ingresso al numero di persone consentite dai protocolli pattuiti con il Governo – 500 nel 2018/19, altri 600 nel 2020/21, considerando i blocchi determinati dalla pandemia Covid19. Pochi, se si considera il quadro generale di bisogno, ma comunque molti e con ricaduta su molti altri cittadini. Solo due pannelli sono dedicati a questo livello, all'inizio e alla fine. Il secondo livello riguarda i territori locali in cui l'accoglienza si concretizza. Anche questo è politico ma in altro senso, perché si occupa di polis con un approccio di sussidiarietà, dal basso, andando ad impattare sui territori. E' l'ambito su cui si è focalizzata la ricerca: dinamiche di incontro e scontro, forme di accompagnamento, aspettative, cortocircuiti, difficoltà e ovviamente anche bellezza.Sarebbe stato semplice celebrare la bellezza, ma partendo da uno studio di valutazione abbiamo ritenuto più utile soffermarci su ciò che serve a stimolare il confronto che serve a migliorare. Poniamo domande, non emettiamo giudizi: cosa significa accompagnare? Integrazione è sempre la parola giusta? Cosa è clash culturale, si possono fare dei danni in buona fede? Qual è la giusta distanza nell'accoglienza? Sono solo alcuni esempi. Teniamo a chiarire che se si è scelto di analizzare i Corridoi gestiti da Caritas è per il peculiare approccio all'accoglienza nei territori che concettualmente si spinge oltre al trasferimento di persone tramite vie legali e sicure. La ricerca si è focalizzata sui Corridoi in partenza dall'Etiopia tra il 2017 e il 2019 e comprende un raggio quanto mai ampio, per spazio e tempo: 45 Diocesi da sud a nord monitorate – pandemia permettendo – nell'arco di 4 anni. Un’ampiezza longitudinale rara per una ricerca di questo tipo, che ha permesso di scandagliare la profondità e la varietà di situazioni e problematiche. HL02 CONCLUSIONI INTRODUZIONE PARTE IINella lettura di quanto emerge, va considerato che riguarda una tipologia circoscritta di beneficiari – rifugiati eritrei, somali e sud-sudanesi – con caratteristiche e vissuti peculiari, pertanto alcune delle osservazioni possono non valere o essere meno rilevanti per altre situazioni e provenienze anche se rimangono congrue nei principi, validi per ogni contesto di incontro tra alterità. Cosa emerge? In estrema e quindi insufficiente sintesi, emerge che l'accoglienza così mirata alla persona e alla famiglia, ospitati in singole dimore, è paradossalmente più complicata di quella che vede grandi numeri di persone vivere in una stessa struttura. Perché si focalizza sull'individuo, ma ognuno è diverso. Impatta molto di più sulle comunità direttamente stimolate e coinvolte, perché uno degli obiettivi è rendere i nostri territori più solidali. Per farlo coinvolge più attori, ciò che consente un migliore inserimento nel tessuto sociale, ma implica grande preparazione e più variabile umana, una diversa profondità e una stratificazione che riporta, appunto, alla complessità. Molto si gioca sui dettagli, che fanno la differenza; e questo ci conduce ai singoli territori,così diversi come diverse sono le singole Caritas Diocesane e le relative scelte,alcune rivelatesi più funzionali di altre. Infine, tornando al primo livello, i Corridoi hanno una valenza rivoluzionaria nei fatti. Se da un lato esiste il rischio di creare una migrazione privilegiata a discapito di un'altra sacrificata, l'azione concreta da parte di un soggetto privato di forzare l'indirizzo di chiusura delle istituzioni, coinvolgendole, rappresenta un valore in sé di cui servirsi proprio per non dimenticare tutti gli altri. E aprire più vie, territori, coscienze. La strada è tracciata, migliorabile come è naturale che sia, ma indica da che parte andarese vogliamo, come società, restare umani. La migrazione non potrà che continuare, la scelta di come rapportarsi decide e deciderà chi siamo. HL03 POLITICHE MIGRATORIE ACCOGLIENZA A DUE FACCEI Corridoi Umanitari dimostrano che è possibile pensare l'immigrazione in maniera diversa, più giusta, attraverso vie legali e sicure d'ingresso e un'accoglienza mirata sulla persona e sul nucleo familiare. Con maggior supporto e risorse dai governi, si potrebbero aiutare più persone in condizione di bisogno. All'interno del contesto migratorio generale però, risulta evidente il contraddittorio approccio del Governo italiano: firmando i protocolli che regolano i Corridoi veste il volto dell’accoglienza, mentre nello stesso tempo, in linea con le altre istituzioni europee, attua politiche volte a far entrare nella “fortezza Europa” il minor numero possibile di profughi e rifugiati, attraverso accordi inaccettabili con i Paesi di transito. HL04 CAMPO PROFUGHI PERCHE’ MANCA IL CAMPO?Nell'immaginario europeo, il campo profughi è l'inferno. Spesso e per certi versi lo è davvero. Ma allo stesso tempo è anche altro, luogo di sofferenza si, ma dove la condivisione genera legami forti, dinamiche di vita comunitaria e reciproca solidarietà. Legami e vita comunitaria che poi mancano. Tekle ci dice, “Il vero amore era là, nel campo”. Paolo, operatore e suo amico, ci ha confessato di esserci rimasto sul momento un po' male, come fosse meno vero l’affetto e lo sforzo profuso qui; ma ha subito capito che non ha senso metterli a confronto. HL05 SELEZIONE LA SCELTAIl campo sportivo del campo profughi di Mai-Ayni nel nord dell’Etiopia funge anche da spazio dedicato ai colloqui per le selezioni dei beneficiari dei Corridoi Umanitari. Un gruppo di uomini seduti in cerchio aspettano il loro turno, chiacchierando. Sanno di essere in qualche modo in “competizione”, non tutti posson0 essere scelti. La condizione di vulnerabilità è uno dei criteri base, ma sono tenute in conto anche altre caratteristiche ritenute funzionali per il buon esito del progetto di accoglienza, anche in base ai territori di destinazione. Non tutto ciò che viene dichiarato in colloquio dai candidati si rivelerà vero, ma la posta in gioco è alta e ognuno gioca le sue carte. Scegliere, è qualcosa di delicato e insieme aberrante, che non si vorrebbe dover fare. HL06 VULNERABILITA' FRAGILI DIPENDENZELa condizione di vulnerabilità è uno dei criteri principali nella selezione dei beneficiari. Può essere determinata da condizioni di salute, disabilità, vissuto e altri tipi di fragilità. Oltre che doveroso umanamente, è anche la condizione prevista dal codice Schengen per il rilascio di visti per motivi umanitari. E’ però anche una condizione che spesso implica la difficoltà o l’impossibilità di raggiungere una qualche forma di autonomia in tempi brevi o medi, a volte mai. Tanto più se si tratta di famiglie numerose, con figli piccoli, genitori senza competenze, gravi problemi di salute. HL07 PREPARAZIONE BENEFICIARI IL SOGNO SI FA IMMAGINEAddis Abeba: a pochi giorni dalla partenza, due beneficiarie guardano un video in cui operatori e volontari del luogo di accoglienza si presentano, mostrano la futura casa, dicono loro che le stanno aspettando. Non solo un viaggio sicuro, ma anche qualcuno che le aspetta in aeroporto. Qui la differenza tra chi parte con i Corridoi e chi no, si fa enorme. Succede durante l’ultimo colloquio pochi giorni prima della partenza, quando viene loro spiegato che saranno assistiti ma che dovranno impegnarsi e non sarà facile; l’accordo che fissa i reciproci impegni viene firmato, anche se non sempre è capito del tutto. In quel momento conta solo partire. HL08 VIAGGIO IL VESTITO MIGLIOREIl giorno della partenza è da vedere. Oltre a riempire le valigie beffando le leggi della fisica - scatole di legno per il rito del caffè, pentole, farina di teff e berberé - non si parte per il viaggio con il vestito più comodo, ma con quello più bello e l’acconciatura più curata. Si tratta di presentarsi al nuovo mondo nel modo migliore. Anche chi parte per attraversare il Mediterraneo indossa gli abiti migliori e per i bambini il colore preferibile è il rosso. Per presentarsi al meglio all’arrivo, ma anche perché in caso di naufragio è bene che i bimbi siano i primi ad essere scorti dai soccorritori. HL09 SHOCK COSA É CASA ?28 giugno 2018, ore 1 del mattino: M. 12 anni, si blocca per più di un attimo davanti alla porta della sua nuova casa, a Lecco. Fino a pochi giorni prima viveva nel campo profughi di Shimelba, in Etiopia, dove ha lasciato i suoi amici. Due anni dopo dice di pensarci sempre, ogni giorno. Questo cambio di “casa” per chi arriva da un campo profughi è dirompente e l’impatto può riservare sorprese e problemi. Non tutte le sistemazioni, per quanto comode e funzionali, risultano adeguate a far sentire una persona “a casa”. HL10 MATCHING IL POSTO GIUSTOA. viene presentato alla sua nuova classe, pochi giorni dopo il suo arrivo. A. è sordo; questo il motivo che ha portato alla scelta di Cossato, in provincia di Biella, come destinazione per lui e la sua famiglia. Qui c’è una scuola d’eccellenza, l’Istituto Comprensivo di Cossato,dove la LIS (Lingua Italiana dei Segni) è una materia per tutti gli alunni, udenti e non. Si definisce matching l’incrocio tra necessità e caratteristiche dei beneficiari da un lato, e le opportunità di un territorio dall’altro; questo ne è un esempio lampante, ma è matching ogni tentativo di trovare alle persone il posto più giusto, a cominciare dal tipo di casa in base alla composizione dei beneficiari. E’ un concetto che marca la differenza di approccio alla gestione dell’accoglienza. HL11 ASPETTATIVE NELL’ATTESAIl mattino dopo l'arrivo. W. si affaccia e osserva il nuovo mondo, Maria, volontaria, osserva lui. Cosa stanno pensando, l’uno e l’altra? Nell'incrocio tra le aspettative di beneficiari, operatori e volontari, si gioca molto del percorso di accoglienza. Riuscire a conoscere quelle altrui ed accettarle aiuta il processo, e a gestire possibili scontri, incomprensioni, malintesi, frustrazioni. Fondamentale per chi accoglie, riuscire a conoscere il progetto di vita del beneficiario, al di là della firma apposta sul “contratto” che indica impegni e doveri. HL12 MOTIVAZIONI PRONTI A TUTTO?Alcuni volontari guardano verso la famiglia di beneficiari, la sera del loro arrivo nella nuova casa. Proviamo a leggere i loro volti: entusiasmo, una sorta di incredulità o di meraviglia, di sicuro emozione, anche determinazione. Per mesi hanno atteso quel momento e si sono preparati. Incontri formativi, discussioni, divisione dei compiti, allestimento della casa. E’ stato loro detto di essere pronti a tutto, anche a restare delusi o frustrati, di non farsi aspettative che però ci sono sempre. E’ il rendersi utili che muove tanta energia? La percezione di fare qualcosa di giusto, che dà senso? HL13 COMUNITA' TERRE SOLIDALIUn gruppo di volontari attende l’arrivo notturno della famiglia eritrea, dopo mesi di preparazione e attesa. Al seguito, anche alcuni amici e parenti incuriositi. La creazione di comunità solidali e l’animazione del territorio sono un obiettivo primario per le Caritas, ma ciò non avviene sempre e nello stesso modo in tutti i luoghi, diversi anche come ricettività della popolazione. Maggiore è il coinvolgimento e il grado di delega ai volontari, più oneroso sarà il lavoro di formazione, preparazione e accompagnamento degli stessi, ma tanto migliore il risultato e l’impatto sul territorio che si apre al mondo. Diversi volontari hanno dichiarato di essersi scoperti impreparati, ma va detto che l’incontro con l’altro è qualcosa che spesso spiazza, pur avendo ricevuto una preparazione. HL14 CONTAMINAZIONE EFFETTO DOMINOOmar e Fabio, in posa di fronte alla pasticceria di quest’ultimo. Assunto Omar per lavorare in sala, nei primi tempi Fabio si è trovato a sentirsi dire, “Io non lo voglio il caffé dal negretto”. La cosa non l’ha spaventato, mentre non smetteva di ripetere ad Omar, “Tu sii sempre sorridente, in ordine, gentile”. Dopo qualche tempo Omar raccoglieva più mance di chiunque altro. Fabio è una delle persone coinvolte “per caso” in un progetto dei Corridoi, come a ricaduta gli avventori della pasticceria. La “contaminazione” della solidarietà non è esclusiva dei Corridoi, ma l’osservazione dice che sanno facilitarla, proprio perché alla base c’è più coinvolgimento della comunità. HL15 FAMIGLIA TUTOR OLTRE IL RUOLOLo sguardo di Tiziana verso A. racconta meglio delle parole cosa significa essere “famiglia-tutor” di un rifugiato. Spesso il termine “tutor” diventa inutile, e resta solo “famiglia”, che può sembrare un’affermazione da libro "Cuore" ma è ciò che abbiamo constatato. F. ci disse, “Io non sapevo cosa fossero i genitori, perché i miei sono morti quando ero piccolo. Grazie a Tiziana e Pasquino ora so cosa vuol dire”. Quanto a supporto dei volontari, la famiglia-tutor è il punto di riferimento più vicino, qualche volta l’unico, in altri ancora è un ruolo più “formale” assegnato a dei volontari che agiscono però all’interno e con il supporto di un gruppo motivato e nutrito. In tutti casi emerge però che funziona, e i vincoli che si creano sono molto forti. E fa la differenza rispetto ai pochi casi in cui non c’è. HL16 RUOLO OPERATORE LA GIUSTA DISTANZAEmiliano, operatore, parla con M. Sembra cercare di convincerlo di qualcosa, o di consolarlo, M. guarda in basso. E’ “solo” un operatore di fronte a un beneficiario? No, c’è tanto altro. E’ possibile stare per giorni e mesi vicino a una persona -tanto più se giovane, in una fase complicata e vulnerabile - mettendo l’empatia che serve, ma senza passare quella linea oltre cui i ruoli si confondono? O è giusto passare la linea, costi quel che costi? L’investimento emotivo può portare a perdere lucidità, a crearsi aspettative nella relazione, anche a casi di burn-out. Ma esiste, e si può sempre mantenere la giusta distanza? HL17 FIDUCIA LEGÁMIPaolo e Tekle sono amici. Non è qualcosa che succede sempre tra “operatore” e “beneficiario”, dipende dall’approccio di ambo le parti ma ovviamente anche dai caratteri e da alchimie non prevedibili. Al di là di questa condizione, ciò che va costruito fin dall’inizio e preservato è il legame di fiducia; quando si spezza, il percorso di accoglienza diventa problematico se non ingestibile. Spesso succede quando il beneficiario si sente deluso - a torto o a ragione - nelle sue aspettative, cosa di cui ritiene responsabile il suo interlocutore diretto, anche quando non ha colpe. Per questo la chiarezza e il supporto della mediazione possono aiutare. HL18 AUTODETERMINAZIONE SAPER ACCOMPAGNAREA., due lauree, cieco, fin dai primi giorni ha mostrato la necessità di sentirsi libero e autonomo, mentalmente prima di tutto. Ne aveva bisogno, per sentirsi persona.Detestava recitare la parte di “rifugiato” prevista per lui e si sentiva stretto e insofferente sotto l'ala delle operatrici. Si potrebbe pensare di sapere sempre cosa sia meglio per loro, ma i beneficiari non sono tutti uguali. II rapporto tra operatori e rifugiati si muove su una linea sottile oltre la quale l’assistenza può invadere la libertà, il diritto di scelta, il percorso di autodeterminazione. Saper accompagnare è difficile, e delicato. HL19 CLASH CULTURALE L’AIUTO FERITOI bambini li chiamano zia Marta e zio Roberto, loro hanno resistito nel tempo mentre altri volontari no. Spesso l'investimento dei volontari è totale in termini di tempo e di amore, a tratti incondizionato. Non sempre il feedback risponde alle attese; diverse donne beneficiarie - ma anche alcuni uomini - specie se analfabete, abituate alla vita di comunità con stessi codici e lingua, non riescono a trovare il proprio posto dentro il nuovo contesto relazionale. A volte nemmeno lo anelano, quel posto. Ne può derivare frustrazione da ambo le parti, soprattutto se i volontari non sono preparati a quella reazione e accompagnati a loro volta passo passo per gestirla. HL20 LESSICO INTE(G)RAZIONEE' davvero la parola giusta? Viene spesso indicata come l'obiettivo principale. Esprime l'anelito, di chi accoglie, di vedere i nuovi arrivati diventare parte integrante del nuovo contesto. E' un processo che di norma avviene in modo naturale per giovani e bambini, mentre si rivela a volte impossibile per altre età,anche in rapporto al vissuto delle persone. In questi termini rappresenta quindi un concetto unilaterale, per quanto comprensibile e in buona fede, in quanto tende a un'assimilazione del beneficiario che da un lato può non essere voluta (o capita) dallo stesso, dall'altro può non essere concretamente possibile. Forse interazione, accompagnamento, essere a fianco, sembrano termini più adeguati, propri di una relazione tra pari, per forma e intenzioni, pur se non nelle condizioni materiali contingenti. HL21 MEDIAZIONE NEL MEZZOLa mediatrice, sulla destra, incontra una famiglia l’indomani dell’arrivo in Italia. Tanto più quando l’unica lingua parlata dai beneficiari è il tigrino o l’amarico, la mediazione viene attivata principalmente - a volte unicamente - per l’indispensabile servizio di interpretariato linguistico. La mediazione però è ben altro: è un ponte, il tramite che permette a due mondi di capirsi, di comprendere reciproche prospettive, abitudini, modi di vivere e di pensare. Quando messa in condizione di svolgere questo tipo di lavoro, la mediazione può evitare fraintendimenti e disinnescare futuri scontri, dovuti a clash culturale. A volte - anche per carenza di mediatori dello stesso gruppo nei territori - la mediazione è usata meno di quanto servirebbe, in certi casi troppo tardi, quando lo scontro è già in atto e si è rotto il legame di fiducia.
HL22 VISIONI LO SGUARDO DEGLI ALTRISpesso le immagini dicono tutto, se ci si sofferma a leggerle. Spiegare è più difficile. Il cittadino “occidentale” tende a non spostarsi dal proprio punto di osservazione. Può visitare altri mondi ed innamorarsene, avere ottime intenzioni, ritenersi aperto, ma spesso non si accorge che sta osservando dal piedistallo su cui la storia l’ha messo. Una sorta di senso di superiorità inconscio, che impedisce di concepire le possibilità di altri sguardi, altri modi, o di accettarne il pari valore. Farlo, necessita di consapevolezza e un grande sforzo di volontà; e anche così, possono mancare i codici di lettura. Qualcosa di speculare succede anche in senso inverso. Si chiama clash culturale ed è spesso alla base di scontri, incomprensioni, conflitti, frustrazioni. HL23 RELAZIONI TRA PARIIl momento di scambio tra M. e Mons. Domenico Sorrentino fermato in questo scatto, suggerisce un senso di familiarità, i ruoli sembrano farsi invisibili, non c’è beneficiario come non c’è benefattore. Non è scontato e non succede per caso. A volte, o meglio sempre, non è l’aiuto concreto ciò che fa sentire bene una persona in situazione di bisogno, ma il tempo regalato. L’attenzione di una persona che fa sentire tale l’altra, al di là di qualsiasi contingenza. Ha a che fare con la dignità. HL24 RELIGIONE INCROCIO DI FEDIM. e A. in posa nella loro stanza, attorniati da poster che celebrano la loro fede. Quella stanza e quella casa sono all’interno del Vescovado di Assisi, a meno di 30 mt dal Santuario della Spoliazione. E’ l’esempio più lampante, tra tanti, di come a partire dalla CEI e proseguendo nelle singole Diocesi, si sia voluto selezionare ed accogliere le persone non sulla base di una comunanza di fede religiosa, ma semplicemente in base al bisogno. Anche se non sono mancati alcuni casi di diffidenza, in generale questo incontro tra fedi diverse ha creato situazioni di relazione non scontate, anche sorprendenti. HL25 SALUTE AVRO’ CURA DI TEA., ragazzino sordo, ritratto durante una visita a Torino per determinare se ci fossero margini di recupero anche parziale dell’udito. Molti sono i rifugiati accolti con i Corridoi sottoposti a cure specialistiche e interventi chirurgici in Italia. Va detto che le aspettative in quanto a cure sono altissime. All’interno dei campi profughi etiopi c’è un ambulatorio medico, sempre accessibile, anche se con disponibilità di cure e farmaci limitate, a volte solo placebo. Per questo molti rifugiati non comprendono i tempi di attesa degli ospedali italiani. In generale l’aspettativa in Europa è di essere curati subito, e che le cure abbiano sempre successo. HL26 LAVORO LA VIA PER L'AUTONOMIAGli anni di assistenzialismo passati in un campo profughi non generano attitudine e abitudine al lavoro, né competenze. A ciò si aggiungono le difficoltà dell’attuale mercato del lavoro e quelle linguistiche, ancor più nei casi di analfabetismo. Per le donne come sempre ci sono ostacoli aggiuntivi: la cura dei figli e della casa, le ripetute maternità e il ruolo, nel contesto di in una cultura patriarcale. Si nota che, se non molto giovani, le donne sposate hanno scarsissime possibilità di accesso al lavoro. K., - qui alla macchina da cucire nello stabilimento del progetto Quid di Verona, - con un figlio ma senza marito, ce l’ha fatta. HL27 LOCATION OGNI UOMO NON E' UN'ISOLAIl luogo di accoglienza si è rivelato una variabile fondamentale. Fa parte del principio di matching valutare l’idoneità dei contesti d’accoglienza, ma il coinvolgimento di tutto il territorio nazionale implica che alcune Diocesi attrezzate per accogliere, siano situate in aree meno fauste di altre. Ne conseguono accoglienze in luoghi più isolati o poveri di opportunità relazionali e lavorative rispetto ad altre. Il problema non è tanto il piccolo comune, che in realtà si rivela perfetto per alcuni beneficiari e facilita l’inserimento nel tessuto sociale. Se da un lato l’isolamento logistico rappresenta un ostacolo - distanza da opportunità lavorative, carenza di trasporti - le testimonianze dimostrano che è più ostico l’isolamento sociale e relazionale. Il sentirsi soli, in particolare senza la vicinanza di membri dello stesso gruppo linguistico e culturale, può generare situazioni di smarrimento. Per questo Caritas Italiana ha in seguito scelto di accorpare più famiglie nella stessa area geografica. HL28 TRAUMA IL CORPO ACCUSA IL COLPOAltopiano del Tigray, in Etiopia. La strada che si scorge in questa immagine proviene dalla frontiera con l’Eritrea, situata a poche centinaia di metri dietro queste colline. Coloro che scappano dall’Eritrea - così come chi arriva nei campi profughi dal Sinai, o a ovest dalla Somalia, o ancora a sud dal Sudan - vengono da vissuti complicati; per molti si tratta di esperienze traumatiche, a diversi livelli. Il trauma da tortura o da abusi spesso non è visibile, ma lavora dentro al corpo e alla mente, per anni o per sempre. Sebbene l’etnopsichiatria stia facendo grandi passi, non sempre i Centri di Salute Mentale sono attrezzati per l’approccio alla cura specializzata per questo tipo di pazienti. *il titolo è una citazione dal titolo del libro “Il corpo accusa il colpo” di Bessel Van der Kolk (ed. Cortina Raffaello, 2015) HL29 SEPARAZIONI “LA MIA MENTE E’ SEMPRE LÌ"“Il pensiero e la preoccupazione per mio fratello non mi permettono di controllare la mia vita qui”. Questa frase di una giovane ragazza eritrea illustra bene il peso mentale rappresentato dalle persone lasciate, soprattutto dopo l’inizio del conflittonel Corno d’Africa, l’aumento del pericolo per le persone rimaste nell’area e la difficoltà quando non l’assenza di comunicazioni. Secondo molte testimonianze, è qualcosa che occupa costantemente una parte del cervello, ostacolo aggiuntivo ed invisibile nel nuovo percorso, che in certi casi può portare a forme di depressione, apatia, immobilismo. HL30 DINAMICHE FAMILIARI IDENTITA’ IN MOVIMENTOIl cambiamento di contesto porta spesso con sé una sorta di terremoto in seno alle famiglie, modificandone ruoli, pesi, dinamiche interne. Soprattutto quando i genitori provengono da zone rurali e sono analfabeti, il figlio o la figlia maggiore - più veloce ad apprendere lingua e usanze - si trova ad assumere il ruolo di “mediatore naturale” tra la famiglia e il nuovo mondo; da un lato il peso può essere eccessivo per il minore se in età adolescenziale, dall’altro i genitori vedono i riferimenti educativi della propria cultura messi in discussione e faticano a gestire il cambiamento. Importante in questi casi l’accompagnamento da parte di chi accoglie, che però può venire vissuto come causa di quello stesso cambiamento indesiderato. Un uso appropriato della mediazione può aiutare molto. HL31 SCUOLA PICCOLI CITTADINII Corridoi Umanitari hanno accolto molti nuclei familiari, in funzione del futuro dei bimbi e anche più facilmente accettati nei territori di accoglienza. Ciò comporta tempi di autonomia lunghi, se i genitori non possiedono le caratteristiche adatte al mercato del lavoro. Dal canto loro, i minori entrano nel nuovo tessuto sociale con naturalezza, se l’età consente loro di frequentare la scuola con i pari età o quasi. Più complicato per gli adolescenti che, non in grado di iscriversi alle classi dei coetanei, hanno come unica scelta le scuole serali con adulti e “perdono il treno” di un normale percorso scolastico. Le scuole hanno generalmente offerto massima collaborazione, ma emergono difficoltà di tipo legislativo e burocratico, oltre - come ammesso da alcuni insegnanti - un’ impreparazione a gestire l’inserimento di adolescenti con questo tipo di background e vissuto. HL32 DURATA PROGETTO LA VARIABILE TEMPOH. e A. guardano l’arcobaleno teso sulle colline vicino casa. Due anni dopo, a 4 anni dall’arrivo, con la mamma abbandonano la casa da un giorno all’altro senza avvisare nessuno, a quanto è dato sapere a causa della fatica quotidiana dovuta alla mancanza di soldi. La durata prevista ufficiale dei progetti è di un anno, - il sostegno economico di Caritas Italia può spingersi a 18 mesi - oltre cui è scelta delle Caritas locali come farsi carico della continuità, quasi sempre necessaria per famiglie in condizione di vulnerabilità o con figli piccoli e genitori che non riescono ad accedere al mercato del lavoro. Dalla nostra osservazione emerge che nei pochi casi in cui le Caritas locali non hanno programmato fin dall’inizio un sostegno a lungo termine, sono sorti problemi con i beneficiari e a ricaduta con i volontari. HL33 DISPARITA' DIFFERENZE E DIFFIDENZE“I documenti non arrivano, e gli amici di altre città già li hanno”. “Ai miei amici danno dei soldi, mentre voi ci fate la spesa ma non abbiamo nulla in mano, il progetto non è lo stesso?”. Quante volte gli operatori si sono sentiti dire queste ed altre frasi simili. Il progetto di Caritas è uno, ma le Caritas locali sono tante, autonome nelle scelte di struttura, organizzazione e gestione locale dell’accoglienza, fermi restando i principi comuni, oltre ai valori, ovviamente. Non facile da spiegare ai beneficiari, e anche di più far capire che i documenti dipendono dalle Questure, che a loro volta lavorano con tempi anche molto diversi, talvolta molto lunghi. “Ma i documenti non li dà l’Italia?” * Illustrazione di Tekle G.B. HL34 ABBANDONO IL RICHIAMO DELL’ALTROVET. alla stazione, in partenza con i suoi piccoli figli dopo un anno di un’accoglienza molto positiva. Diversi rifugiati accolti nel 2018 hanno lasciato l’Italia, in gran parte a conclusione dell’anno previsto, alcuni anche prima. Le motivazioni sono diverse: delusione rispetto alle aspettative, carenza di lavoro, bisogno di riunirsi alla comunità di riferimento, spesso illusione di trovare maggior sostegno economico altrove - anche alimentata da chi guadagna a spostare persone. Dopo tanta fatica, queste partenze possono essere vissute da volontari e talvolta da operatori con frustrazione o delusione, come un fallimento del progetto. Suggeriamo però di vederla al contrario, ossia aver messo in condizione delle persone di compiere delle libere scelte. HL35 PROSPETTIVE E ORA...?Cosa dice l’esperienza dei Corridoi? Quali scelte di indirizzo si aprono? Il bilancio è senz’altro positivo, dimostra che si può pensare la migrazione in maniera diversa. Dice anche che un’accoglienza così calata sulla persona è più complessa, più incontro significa anche più rischio di clash culturale, necessita di grande attenzione, più formazione, più mediazione. Per alzare i numeri servono maggiori mezzi e sostegno dai governi. Si va sempre più verso il modello delle private sponsorship, che però possono configurarsi come “eccezioni” alla regola e portare a una migrazione selezionata e in qualche modo privilegiata. D’altronde coinvolgere sempre più i governi nell’accoglienza è un atto di forza da parte del privato sociale, per aprire porte. Importante, se servirà anche a non dimenticare tutti gli altri, ammassati nei centri di detenzione libici, abbandonati a sé stessi e respinti dalle frontiere europee, a volte anche illegalmente, minori inclusi. | |
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