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HL16
RUOLO OPERATORE
LA GIUSTA DISTANZA

LA GIUSTA DISTANZA

Il ruolo dell’operatore è centrale nella realizzazione del percorso di accompagnamento dei rifugiati verso la loro autonomia sociale ed economica.
Nel contesto di lavoro delle Caritas diocesane italiane, ognuna ha una propria equipe di operatori, il cui numero e le cui competenze variano in funzione di scelte e necessità complessive proprie di ogni diocesi.
Per la gestione dei corridoi umanitari ogni Caritas diocesana ha organizzato equipe secondo modalità molto variabili, in funzione principalmente di tre elementi: il numero di operatori diocesani, il numero e le vulnerabilità di richiedenti asilo accolti, la presenza di famiglie tutor e/o volontari. Si è andati da un minimo di due operatori a un massimo di sei, quando nell’equipe erano comprese anche figure specializzate quali mediatori, psicologici, assistenti sociali, avvocati.
Questo caso è stato però minoritario: infatti, solo tre diocesi avevano psicologi e altrettante avevano assistenti sociali, mentre i mediatori sono stati chiamati, nella maggioranza dei casi, come personale esterno al progetto,. Quattro- cinque diocesi avevano psicologi tra i volontari.
Proprio per favorire la presa di coscienza della necessità di tali operatori specializzati, Caritas italiana ha organizzato dal 2019 giornate nazionali per la formazione degli operatori, soprattutto nell’ambito psicologico ed etnopsichiatrico. Il fine era fornire agli operatori diocesani gli elementi essenziali per poter comprendere i sintomi di alcune patologie e problematiche legate più frequentemente alle migrazioni e alle violenze subite.
Tale attività era anche finalizzata a mettere in contatto equipe di diocesi diverse che si trovavano ad affrontare problematiche simili con i beneficiari, data la grande difficoltà a reperire in Italia etnopsichiatri e psicologi formati sulle tematiche specifiche legate ai traumi delle migrazioni forzate.
Dato l’enorme dispendio di energie e il forte coinvolgimento personale che solitamente si verifica nel lavoro con i migranti, è apparso sempre più spesso necessario far comprendere alle Caritas diocesane la necessità di supportare gli operatori affinché essi potessero poi supportare efficacemente i beneficiari dei corridoi. Infatti, spesso il rischio di carichi di lavoro e di emozioni non adeguatamente gestiti e condivisi con professionisti espone gli operatori dell’accoglienza al rischio di burn out. Nell’ambito dei corridoi umanitari tale rischio si è verificato, in particolare, per quegli operatori chiamati a gestire l’intero progetto da soli o in piccole equipe. Due di loro hanno spiegato, in interviste effettuate alcuni mesi l’avvio delle accoglienze:“devi anche incastrare la tua vita, tutto quello che c’era prima del lavoro. [il lavoro] mi ha proprio succhiato, mi ha divorato. Adesso piano piano il mare si sta calmando […]. All’inizio ero presissima, quindi […] non ero troppo capace ad organizzare, gli amici, gli scout, tutto, la famiglia. Adesso piano piano sto recuperando”; e “rifaresti [questo progetto]? Sì, ma però attiverei prima i volontari, farei forse un ragionamento un poco più... prima. Ovviamente poi, sì, sondare un attimino meglio il territorio, capire un attimo la disponibilità, perché lì per lì davvero era diventato un po' pesante all'inizio, [...] diventava troppo come carico emotivo”.

 

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