Analisi
Conclusioni

Anatomia di un'accoglienza

HL Reports
Autonarrazioni
Human Factor 2

Alternative perspective

Human Factor

First person narrative

Sensemaker

Scrivi la tua storia

Spotlight
Line by line

Diario

Beyond the line

Approfondimenti

Encounters

Student narratives

Inclusive cities

Progetti di cooperazione

In the media

Parlano di noi

Dizionario
A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z
ACCEDI
Indirizzo E-Mail
Password

AccediRegistrati
HL27
LOCATION
OGNI UOMO NON E' UN'ISOLA

OGNI UOMO NON E' UN'ISOLA

La quasi totalità di accoglienze è stata strutturata in abitazioni indipendenti, dove le famiglie rifugiate o i singoli hanno potuto vivere in autonomia.
Dal punto di vista della collocazione geografica abbiamo avuto quattro diversi gruppi di accoglienze: grandi città abitate da milioni di abitanti; città di medie dimensioni, spesso capoluoghi di provincia; paesi considerati “piccoli”, cioè sotto i 15mila abitanti, dotati di collegamenti pubblici con centri più grandi e dove i rifugiati erano collocati in abitazioni dentro al tessuto urbano; frazioni o comuni molto piccoli, privi di trasporti pubblici o lontani da centri più grandi e con case sparse.
I dati evidenziano in molti casi una correlazione fra rifugiati che hanno portato a termine il programma o lo hanno interrotto in modo concordato con la Caritas, e una localizzazione in città di medie dimensioni o in paesi piccoli ma collegati a centri urbani più grandi. La maggior parte delle 37 persone autonome all’inizio del 2022 e di chi è uscito dal programma in modo concordato, infatti, era stato accolto nel secondo e nel terzo gruppo di collocazioni geografiche.
Focalizzando lo studio su questa correlazione è emerso come i rifugiati considerassero questi contesti urbani come appropriati per poter sviluppare una propria rete sociale e per poter trovare lavori raggiungibili anche con i mezzi pubblici.
I rifugiati accolti in frazioni isolate o comuni molto piccoli, invece, hanno lamentato l’isolamento rispetto al tessuto urbano, l’assenza di vicini di casa e l’impossibilità di raggiungere comunità di connazionali. Inoltre, l’isolamento ha impedito loro di trovare sbocchi lavorativi e ha reso difficile frequentare la scuola per i bambini e corsi di italiano per gli adulti. Tali difficoltà hanno facilitato anche l’insorgere di stati depressivi, soprattutto per le donne sole con figli.
Queste recriminazioni hanno provocato frizioni con le Caritas locali e, talvolta, anche Caritas italiana. In questo quadro è necessario sottolineare che quest’ultima prima della partenza dall’Etiopia, ha messo in contatto i futuri rifugiati e le comunità accoglienti, attraverso videochiamate e contatti social. In questo modo i beneficiari si sono potuti rendere conto dell’effettiva localizzazione in cui sarebbero andati a vivere.
Questi dati fanno pensare quanto sia importante guardare al bisogno profondo di ogni singola persona, non solo per quanto riguarda trovare spazi abitativi o alloggi disponibili, ma un un contesto in cui si possa star bene dal punto di vista umano, perché accogliere è molto di più che offrire una casa.

 

INFORMATIVA

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più puoi consultare la cookie policy. Qualora non accettassi puoi non procedere con la navigazione, oppure lo puoi fare limitatamente con i soli cookie tecnici o di prestazione, oppure puoi decidere quali cookies accettare. Puoi liberamente prestare, rifiutare o revocare il tuo consenso, in qualsiasi momento.

Privacy policy completa

PERSONALIZZA RIFIUTA ACCETTA TUTTI