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IL RICHIAMO DELL’ALTROVE

IL RICHIAMO DELL’ALTROVE

Il richiamo dell’altrove o fallimento o libertà?
La maggior parte dei rifugiati accolti da novembre 2017 alla prima metà del 2019 ha lasciato l’Italia, in gran parte a conclusione dell’anno previsto o pochi mesi dopo, alcuni anche prima. A gennaio 2022, dei 318 accolti dalle Caritas diocesane, 165 risultavano all’estero; 86 persone, invece, erano uscite dalle accoglienze rimanendo però in Italia: le notizie sulle destinazioni finali sono state raccolte o per comunicazione diretta delle stesse persone, o per contatti indiretti avuti con altri beneficiari, o per comunicazione dei rifugiati con le famiglie tutor e i volontari.
Quasi tutti sono andati via senza condividere la decisione con la comunità accogliente: alcuni avevano espresso il desiderio di raggiungere parenti o amici all’estero, altri avevano manifestato palesi crisi nel rapporto di fiducia con le persone che le avevano accolte; tuttavia sono stati rari i casi in cui i beneficiari hanno condiviso il progetto di lasciare l’accoglienza della Caritas.
Le motivazioni sono diverse: delusione rispetto alle aspettative, rottura del rapporto di fiducia con gli operatori e/o il resto della comunità accogliente, carenza di lavoro, bisogno di riunirsi alla comunità di riferimento, spesso illusione di trovare maggior sostegno economico altrove, alimentata anche da chi guadagna a spostare persone. Nelle scelte dei beneficiari hanno svolto spesso un ruolo decisivo le famiglie estese, sia rimaste nei paesi di origine, sia emigrate in paesi diversi dall’Italia.
Nel primo caso la pressione esercitata sui rifugiati è stata finalizzata a spingerli a trovare il più velocemente possibile un lavoro per inviare soldi a casa, cosa che ha spesso spinto i rifugiati a lasciare le accoglienze per mancanza di immediate prospettive di lavoro. Nel secondo caso, invece, i parenti all’estero hanno spinto i rifugiati a lasciare le comunità accoglienti e l’Italia, anche in presenza di contratti di lavoro, al fine di riunire la famiglia.
Queste pressioni sono state particolarmente forte sui nuclei familiari monoparentali, in cui quasi sempre era presente solo la madre, e sui rifugiati single.
Dopo tanta fatica, queste partenze possono essere vissute da volontari e talvolta da operatori con frustrazione o delusione, come un fallimento del progetto.
Suggeriamo però di vederla al contrario, ossia aver messo in condizione delle persone di compiere delle libere scelte: questa prospettiva è stata realizzata da alcune Caritas che hanno preparato le comunità accoglienti prima dell’arrivo dei beneficiari alla prospettiva che questi ultimi potessero partire, abbandonando il progetto anche senza comunicare niente ai volontari. La differenza che un tale approccio produce nelle vite di chi ha accolto e ha visto i beneficiari andare via è stata fondamentale: chi non ha fatto tale lavoro e non ha accolto questa prospettiva, quando ha visto finire le accoglienze, ha più spesso lasciato prevalere il senso di abbandono e di tradimento della fiducia, scegliendo anche, in un numero minoritario di casi, di non rinnovare la disponibilità ad accogliere beneficiari dei Corridoi Umanitari.

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