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28 settembre 2021

Ritorno tra amici

 

I sorrisi sono sempre gli stessi: quello di Welde ci accoglie per primo, sull'uscio di casa, poi spunta Tekle che ride con gli occhi più che con le labbra, ci sentiamo tra amici.
E' passato più di un anno dall'ultima visita, quando qui nel cortile di casa loro registrammo la voce di Tekle che commentando i suoi disegni ci raccontò una vita.
Spunta la piccola Sesuna, lei sì che è cambiata; sulle prime resta seria ma resiste pochissimo, appena Marida la stuzzica si scioglie, non smetterà più di ridere e fare smorfie.
La famiglia è cresciuta: arriva mamma Senait con Behethelem, nata a Natale, ed Helen, così bella e così timida, solo da un anno ricongiunta a suo marito Welde che aveva sognato quel momento fin dal suo primo giorno in Italia.
Da lì partiamo per sapere come procede la loro vita.

 

 

Tekle, Welde – Senait preferisce stare in disparte, Helen ancor di più -, siete in Italia da gennaio 2019, quasi 3 anni, abbastanza per capire meglio dove siete arrivati, per fare una sorta di bilancio, siete contenti di come va la vostra vita?
Tekle risponde serio, “Certo, non potremmo non esserlo visto ciò che è successo nei campi, e che non siamo là. Ma soffriamo per chi è là”. Mi insulto mentalmente, la prima domanda da fare era questa: “Avete notizie dei vostri amici e cari rimasti là?”.

A volte anche noi che ci crediamo sempre attenti non lo siamo, è un attimo confondere le priorità applicando le nostre.
Tekle si riferisce ai campi profughi del Tigray, travolti da un conflitto di cui si fatica da qui a cogliere la portata: 50mila il numero di vittime stimato, tre quarti dei 5 milioni di abitanti del Tigray hanno bisogno di aiuti umanitari e c'è il rischio che la guerra si allarghi. Mai-Aini e Adi-Arush sono i due soli campi rimasti, gli altri non esistono più; per mesi è stato impossibile comunicare con chi era là, ora resta molto difficile farlo, si riesce solo di tanto in tanto. I genitori di Senait e quelli di Helen sono là, e non serve aggiungere altro.
Ne parliamo un po', poi sono loro a riportare il discorso qui, intanto l'ombra rimane. La vita procede bene, Tekle e Welde lavorano nella stessa ditta, con un contratto di un anno per ora; sono ormai autonomi e questo era il grande traguardo anelato, non una cosa da poco.
Gli chiediamo di provare a proiettarsi nel futuro, Tekle non se la sente, forse perché sa fin troppo bene che le cose cambiano in fretta e serve essere pronti. Ma sanno bene anche di essere approdati in un buon posto, per opportunità e relazioni. Welde è chiaro, “Io amo Nonantola, qui per me è casa, e le persone che ci sono state vicine ormai sono famiglia”.

 


Tanto che loro sono anche i primi – da quanto ci risulta – ad aver assunto il ruolo di “tutor” per un'altra famiglia, cosa che implica consapevolezza di ciò che significa aver bisogno di essere aiutati, e responsabilità. “Non è facile – ci dicono – non è semplicemente come essere amici”. Le domande sfumano in chiacchiere, ovviamente siamo invitati a pranzo, Senait ed Helen si erano già spostate silenziosamente in cucina.

 


Chiediamo a Welde com'è l'agognata vita in coppia, se è stato difficile per Helen inserirsi in un mondo i cui codici erano già chiari a tutti loro, a cominciare dalla lingua.

Si, non è stato facile per lei, considera anche che noi siamo arrivati qui nell'era pre Covid, non ricordo un solo sabato nel nostro primo anno in cui non abbiamo pranzato o cenato con altre persone, c'era sempre l'invito di qualcuno. Questo aiuta molto, per la lingua, per tutto. Per lei è stato tutto diverso, poi è timida. Ma ora sta facendo una sostituzione per tre settimane, fa pulizie tre giorni alla settimana, è poco ma è un inizio. E stanno per ricominciare i corsi di italiano alla scuola per stranieri, è importante che esca di casa.”

 

 


Mangiamo un bis di paste, una è piccante ci avvisano, italian food all'eritrea, molto buono. Welde deve andare al lavoro, Sesuna ci ha ormai adottati, Behethelem troneggia dal seggiolone e partecipa alle chiacchiere con tutti i suoni che ha a disposizione.
Il giorno dopo ci sarà una bella serata pubblica, avrò il piacere di condividere “il palco” con Tekle e i suoi disegni, e Ibrahima Lo, giovanissimo che ha da poco scritto un libro per raccontare la sua odissea. Si parlerà di come “raccontare la migrazione”, e loro sono due persone che hanno capito l'importanza della testimonianza diretta, e il coraggio di farlo. Sarà un onore accompagnarli.

Max Hirzel

photos by Marida Augusto e Max Hirzel

 

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