CLASH CULTURALE L’AIUTO FERITOLa relazione di accompagnamento vissuta dalla comunità accogliente può incorrere in urti e frustrazioni quando volontari e famiglie tutor si trovano di fronte rifugiati che rifiutano le loro indicazioni, i consigli, i progetti e anche l’aiuto pratico. Ciò può avvenire in qualsiasi momento del percorso di accompagnamento. Durante il monitoraggio abbiamo visto tali scontri sorgere di fronte a qualsiasi fatto quotidiano: dalla frustrazione perché i rifugiati pulivano la casa o gestivano le relazioni familiari in modalità diverse da quelle italiane, alle incomprensioni sull’utilizzo del pocket money, il cui importo variava in ogni diocesi, o sui tempi burocratici per l’ottenimento dello status di rifugiato. Da parte delle comunità accoglienti abbiamo sentito descrivere la nascita di questi scontri e di queste frustrazioni nel rapporto con i rifugiati anche in termini generali, senza una causa specifica ma solo per una totale mancanza di fiducia e di riconoscenza: “non riescono a vedere tutto quello che li circonda, tutto l'amore che c'è intorno a loro. Hanno avuto questo rifiuto del posto, non so, […] non capiscono la bellezza del fatto che c'è una comunità intera lì per loro, che si spende per loro in primissima persona. Quindi questo lavoro che noi facciamo, questo amore che ci mettiamo, questa cura che ci mettiamo va in fumo perché loro non collaborano più di tanto, questo è il timore maggiore” Al di là delle cause scatenanti, il fondamento di tali scontri è stata sempre la non comprensione del punto di vista dell’altro: talvolta, l’altro non ha mai espresso il proprio punto di vista, parlando attraverso comportamenti che non sono stati correttamente interpretati da chi gli stava di fronte, altre volte l’altro ha parlato ma non è stato ascoltato. |
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