E' passato un anno dalla nostra ultima visita a Malo a casa di Toyba e Wassie, e quasi due anni dal loro arrivo, nel dicembre del 2019.
Il gruppo di volontari è forte, la famiglia pure, insieme hanno superato due lockdown e ne sono usciti alla grande.
Tutto procede più che bene, i bambini vanno a scuola, Toyba e Wassie hanno un lavoro, che è il passo fondamentale verso la conquista dell'indipendenza e non un passo da poco.
Toyba lavora in una azienda locale “la giardiniera di Morgan”, che produce “giardiniere” di vari gusti, vendute in negozi gourmet in tutta Italia, ma soprattutto con una politica di inserimento lavorativo di persone provenienti da diversi paesi e con una particolare attenzione al rispetto dei diritti umani e lavorativi.
Wassie ha ottenuto il patentino per guidare i muletti e lavora in una azienda che produce tappetini per le automobili.
Ma se il lavoro è già un grande successo, a mio avviso lo è ancora di più l'evoluzione del percorso personale di Toyba, perchè raggiungere l'autonomia non significa solamente avere uno stipendio, soprattutto per una donna.
Un anno fa Toyba, a parte non parlare mai nonostante sapesse l'italiano meglio del marito, non entrava nemmeno nella stessa stanza se non era da lui invitata a farlo, ma Wassie non è per questo un cattivo marito, né Toyba una moglie dimessa, sono un uomo e una donna cresciuti in una società che impone certi modelli, da cui è difficilissimo prenderne le distanze.
Ma durante questa ultima intervista Toyba non solo ha partecipato alla chiacchierata con noi, rispondendo alle nostre domande senza più nascondersi, ma ad un certo punto, quando pensavamo di aver finito, ha chiesto lei la parola: “io vorrei dire ancora una cosa”. Ci siamo zittiti tutti e Toyba ha cominciato a parlare, ha voluto ringraziare i volontari che li hanno aiutati tantissimo, che non li hanno mai lasciati soli, che sono stati per loro un supporto indispensabile e lo sono tutt'ora.
E' stato un grande passo! Non va sottovalutato. Toyba sta prendendo le redini della sua vita e di quella della famiglia, non è più la moglie che non osa entrare nella stanza, si sta liberando da quel ruolo e Wassie di conseguenza pure.
Finora il percorso di accoglienza di Malo può essere considerato un successo, per diversi fattori, il tipo di famiglia accolta (i caratteri, la storia della famiglia), il territorio che comunque offre molte più possibilità rispetto ad altri, non di meno il lavoro svolto dalla Caritas territoriale e soprattutto il gruppo di volontari che vi ruotano intorno, che hanno fatto un notevole percorso di preparazione per poter accogliere la famiglia nel miglior modo possibile e soprattutto per poterla accompagnare verso l'autonomia.
Attraverso di loro abbiamo potuto approfondire il tema del “clash culturale”, come viene definito il conflitto che si verifica tra due culture quando si trovano a sostenere posizioni o comportamenti opposti su particolari questioni.
Di questi tipi di conflitti ne abbiamo riscontrati molti nelle accoglienze sia dei corridoi che di altro tipo, conflitti piccoli e meno piccoli, molti risolvibili velocemente altri più complessi.
E' un fenomeno decisamente interessante da studiare ed osservare e va affrontato con preparazione, delicatezza e mai, a nostro avviso, sottovalutato.
Un anno fa Padre Rey, in una lunga intervista aveva spiegato molto bene alcuni esempi evidenti di Clash culturale, e di come sia necessario conoscere e capire la cultura dell'”altro”, di qualunque provenienza si tratti.
Uno tra gli esempi più chiari di Clash culturale è, appunto, nel rapporto uomo-donna.
In molte coppie, anche giovani, anche istruite, c'è sempre da parte della donna la tendenza, più o meno evidente, di mettersi sempre in secondo piano, soprattutto in presenza del marito. Lo abbiamo notato anche a Nonantola, nonostante sia Tekle che Welde siano due mariti molto aperti, molto intelligenti e i primi a desiderare che sia Helen che …... parlino, escano di casa, facciano la loro vita, ma loro due sempre un po' ai margini, una sorta di reverenza, figlia della cultura in cui sono cresciute.
Un comportamento che agli occhi “occidentali” può suscitare fastidio, col rischio di additarlo e giudicarlo immediatamente come derivato da una cultura “maschilista e autoritaria” e per questo a condannarlo.
Il discorso è molto più delicato e complesso, ci vuole tempo, pazienza e si deve accompagnare, non imporre.
testo | Marida Augusto
Fotografie Marida Augusto e Max Hirzel