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HL30
DINAMICHE FAMILIARI
IDENTITA’ IN MOVIMENTO

IDENTITA’ IN MOVIMENTO

Il cambiamento di contesto porta spesso con sé una sorta di terremoto in seno alle famiglie, modificando ruoli, pesi, dinamiche interne. Quando i genitori provengono da zone rurali e sono analfabeti, oppure soffrono di problemi di salute o, ancora, vivono importanti disagi psicologici scatenati dal trasferimento e dall’inizio di una nuova vita in Italia possono verificarsi mutamenti profondi nei rapporti intrafamiliari. Infatti normalmente i figli sono più rapidi nell’apprendere l’italiano e, venendo inseriti nella realtà scolastica, costruiscono in breve tempo una rete di rapporti sociali, a cui se ne possono aggiungere altre, quali la rete dei compagni delle attività sportive o della parrocchia. I genitori, invece, oltre a fare più fatica con lo studio dell’italiano, non sempre sono inseriti subito nei corsi per adulti, dove comunque la rete di rapporti sociali che può crearsi comprende altri stranieri e ben pochi italiani. Inoltre, gli adulti, se manifestano fragilità e necessità di cure mediche, sono costretti a passare molto tempo in ospedale, senza poter studiare italiano né creare una rete di rapporti personali al di fuori degli operatori e dei volontari della Caritas. Le occasioni di lavoro sono indubbiamente degli strumenti per creare reti sociali, ma l’accesso al mondo del lavoro è sempre avvenuto dopo alcuni mesi dall’arrivo in Italia e solo per quelle persone che erano riuscite a raggiungere un livello di italiano tale da poter conseguire la licenza media o un livello comunque sufficiente per poter comprendere le attività lavorative da svolgere.
Ecco che quindi, in molti casi i figli hanno assunto il ruolo di interpreti e mediatori culturali per i genitori e di “creatori” di rapporti sociali con la società, fuori dalla cerchia degli operatori della Caritas, di volontari e famiglie tutor.
Tali dinamiche hanno portato i figli a caricarsi, spesso involontariamente, di ruoli e responsabilità genitoriali, creando conflitti con i genitori e una dolorosa ridefinizione dei rapporti nella famiglia, che in alcuni casi ha portato gli adulti a cadere in forme depressive, sentendosi “pesi” per la famiglia invece che “leader”.
Spesso gli operatori e le comunità accoglienti si sono resi conto di tali dinamiche, che hanno riguardato sia le famiglie monoparentali sia quelle in cui erano presenti entrambi i genitori. Alcune comunità accoglienti hanno cercato di lavorare su tali dinamiche familiari attraverso il determinante aiuto di mediatori e psicologi o psichiatri, che in un piccolo numero di casi erano specializzati proprio sulle problematiche di persone e famiglie migranti.
Una di queste mediatrici ha descritto le dinamiche familiari già modificate pochi mesi dopo l’arrivo della famiglia: “quando [qualcuno] chiede di parlare con la mamma, lui (figlio) fa interprete con la mamma ad altre persone”.
Molte comunità accoglienti hanno descritto situazioni simili, come diceva una volontaria riguardo al rapporto con una mamma single con tre figli: “il figlio maggiore che ha 17 anni, è personalmente il mio punto di riferimento, perché è il più in grado di tradurre, di fare da mediatore tra noi italiani e loro eritrei”.
Alcuni beneficiari hanno accettato di descrivere come loro vivevano tale trasformazione forzata delle dinamiche familiari nei rapporti con i loro figli: “I know some [Italian] words, I thought it was easy… especially when I read articles, “femminile” and “maschile”, etc., it’s very difficult. But my children are perfect… I take them with me to the pharmacy. And they’re like “What did they say? Medicine? Okay.” They are very fast. I don’t understand why or how”.

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